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Comitato Direttivo Nazionale Fillea Cgil – Trieste, 2 – 3 Aprile 2007

 

 

Relazione introduttiva di Franco MARTINI

 

 

Nell’ultima sessione del nostro Comitato Direttivo svolto a Verona ci siamo occupati della questione previdenziale, con particolare riferimento alle problematiche inerenti la nostra categoria.

Vogliamo, con oggi e domani, fare una riflessione sul quadro più complessivo dei rapporti tra Sindacati e Governo in relazione all’avvenuto inizio dei tavoli di concertazione e le conseguenti implicazioni che ne derivano per l’iniziativa sindacale della stessa nostra categoria.

Già a Verona la nostra riflessione aveva come punto di riferimento la posizione unitariamente assunta da Cgil Cisl Uil, attraverso la piattaforma approvata dagli esecutivi unitari il 5 febbraio. Oggi, con riferimento a quella posizione, è necessario esprimere un primo giudizio sui primi passi compiuti dai tavoli di concertazione, alla luce delle ulteriori novità che vanno caratterizzando il quadro politico ed economico del nostro Paese, al fine di imprimere alla nostra iniziativa la giusta efficacia per il conseguimento degli obiettivi che ci siamo dati.

 

Di queste novità, una delle più significative, che hanno creato grande preoccupazione e allarme nel Paese e nello stesso sindacato, a partire dalla Cgil, è stata il ritorno del terrorismo sulla scena politica italiana. Prima la Cgil, con il suo Direttivo Nazionale, poi la stessa nostra categoria, come le altre, attraverso l’iniziativa di Genova del 20 marzo, hanno chiarito l’assenza di qualunque contiguità tra gli obiettivi e le azioni dei gruppi terroristici e la natura del sindacato italiano, che del terrorismo è stato in questi venti anni bersaglio e nemico, pagando il conseguente prezzo in termini di vite umane.

Non ho motivi –dunque- di ripetere le analisi ed i concetti espressi a Genova, se non per ribadire in estrema sintesi, innanzitutto, la nostra solidarietà a tutte le persone fatte oggetto delle provocazioni e delle violenze di tali gruppi. Rinnovare, in secondo luogo, l’apprezzamento per l’opera delle forze di polizia e della magistratura, che con la loro azione hanno sicuramente consentito di evitare nuovi, criminosi delitti. Occorre anche da questa sede rinnovare l’appello a non sottovalutare quanto le indagine della magistratura hanno evidenziato. Forse, troppo ottimisticamente si era pensato che il fenomeno, unico nel suo genere in Europa, fosse stato definitivamente debellato. Abbiamo respinto in quei giorni la grave speculazione politica che si è tentato di fare, attribuendo al sindacato ed alla Cgil delle responsabilità che mai abbiamo avuto. Al contrario, la Cgil ed il sindacato confederale sono stati sempre in prima fila nel combattere questo fenomeno ed ancora lo saremo, impegnandoci in una vasta campagna di discussione nei luoghi di lavoro. Il disagio sociale, molto diffuso, è sicuramente terreno di coltura delle nuove formazioni brigatiste, la cui presenza di giovani e molto giovani deve fare riflettere. Ma il disagio sociale, per quanto comprensibile, non può in alcun modo giustificare il ricorso alla violenza e noi resteremo una organizzazione che farà della non violenza il suo connotato identitario principale, che dovremo sempre più radicare tra i lavoratori e le lavoratrici che ci rappresentano nei luoghi di lavoro e nella società.

Non aggiungo altro sull’argomento, perché restano valide le considerazioni fatte all’iniziativa nazionale di Genova.

 

L’altro elemento di novità intervenuto in queste settimane riguarda la situazione dei conti pubblici, caratterizzati dall’inatteso gettito tributario, che ha aperto una discussione sulla destinazione di quello che è stato definito il “tesoretto” e che rischia di creare una ingiustificabile eccitazione nel momento in cui è ripartita la concertazione col Governo.

 

Stiamo parlando dell’extra-gettito fiscale ottenuto nel 2006, per una cifra che oscilla tra 8-10 miliardi di euro, dei quali, 2,5 sarebbero quelli resi disponibili dal ministro dell’Economia (le richieste delle diverse categorie sociali ammonterebbero a circa 15 miliardi). Il “tesoretto” è costituito da diverse voci: 3,5 miliardi di aumento delle entrate lorde; 2,5 di minori rimborsi e 2,6 di maggiori entrate (per un totale di 8,6 miliardi).

Come era prevedibile è subito partita la polemica sulla paternità di tale fortuna, tra chi –il vecchio Governo- ha attribuito ai meriti della propria azione le ragioni del surplus e chi –il Governo attuale- ad un concorso di fattori, vecchi e nuovi. Altrettanto accesa è stata ed è la discussione sulla destinazione dei vantaggi acquisiti e la Confindustria, da Genova, non ha fatto mistero in queste ore di candidare le imprese ad essere le principali destinatarie del tesoretto, dato che la promessa della riduzione del cuneo fiscale di 5 punti è rimasta inesaudita nel primo anno di legislatura causa assenza di risorse, che invece, oggi sarebbero disponibili.

 

La posizione dei sindacati è quella ribadita nel documento unitario approvato dagli esecutivi di febbraio. Già in quella sede avevamo posto il problema di collegare la nuova fase congiunturale favorevole dell’Italia con l’obiettivo di una sua crescita economia e sociale e dello sviluppo sostenibile. Di questo obiettivo era ed è parte l’obiettivo della crescita delle retribuzioni dei lavoratori ed una politica fiscale che riduca  il peso del fisco sul lavoro dipendente; che sostenga i redditi dei pensionati, delle famiglie e investimenti sia produttivi, sia destinati a fondamentali servizi dello stato sociale.

 

Potrà sembrare che ognuno tiri l’acqua al suo mulino, ma per quanto ci riguarda resta il fatto che essendo lavoratori e pensionati i principali e certi contribuenti fiscali, debbono essere tra i destinatari dei vantaggi derivanti dal surplus del gettito fiscale, una sorta di restituzione, sia sottoforma di sostegno al reddito, da lavoro e da pensione, sia sottoforma di sostegno allo sviluppo.

 

Su questa impostazione si è sviluppata la posizione del documento unitario approvato dai sindacati, che completa il quadro delle piattaforme unitarie, assieme a quella che riguarda la politica fiscale, quella della lotta al lavoro nero e quello su salute  e sicurezza, posizioni che unitariamente verranno portate ai tavoli di confronto col Governo e le parti sociali.

 

Come già saprete, il 22 marzo sono partiti i tre tavoli di concertazione su sviluppo-produttività, welfare-pensioni e pubblica amministrazione. Si è trattato di un inizio al quale dovranno fare seguito momenti più specifici, ma è già chiaro che ognuno dei tavoli non rappresenterà una passeggiata, nonostante le rassicurazioni del Governo, anche perché nel corso di questi mesi è aumentata la divaricazione tra le affermazioni, condivisibili, del Governo ed i fatti, ancora troppo distanti dalle stesse affermazioni..

 

Il primo tavolo sul quale i conti non tornano è quello del pubblico impiego, che deve vedere ancora rinnovati i contratti assieme al comparto della scuola. In entrambi i compartii si è dovuti ricorrere alla proclamazione dello sciopero generale il 16 aprile, che noi dobbiamo vivere come un momento che coinvolge tutto il mondo sindacale, sia per le strumentalizzazioni che si sono fatte circa il lassismo del lavoro pubblico (bisogna licenziare i vagabondi), alle quali dobbiamo rispondere, sia perché è in gioco il diritto al rinnovo dei contratti, che è diritto che se messo in discussione dalla principale azienda italiana, che è lo Stato, potrebbe a ragione essere messo in discussione dalle tante aziende private degli altri settori.

 

Vi è nella posizione della controparte pubblica una errata interpretazione del memorandum a suo tempo firmato da Governo e sindacati, che non può legittimare alcuna scissione tra i temi della produttività nei comparti pubblici, che sono poi quelli del riordino e della modernizzazione della pubblica amministrazione e quello dei diritti contrattuali, che riguardano tre milioni di lavoratori. Il sindacato non si è mai sottratto, né lo fa oggi, ad una esigenza di modernità della pubblica amministrazione, ma resta inaccettabile l’equazione “produttività = licenziamenti”, dato che il funzionamento della macchina pubblica scaturisce da un recupero della responsabilità che parta innanzitutto dalla dirigenza della stessa, che ha il compito di definire obiettivi, strategie, modalità organizzative, tali da investire l’intero mondo del lavoro pubblico.

 

Sul tavolo delle pensioni è chiaro il nostro intento di sostenere l’obiettivo di un miglioramento della situazione e non di un peggioramento. Al momento le carte del Governo non sono ancora state scoperte, anche per la difficoltà che allo stato il Governo incontra nel formulare una posizione comune. Dobbiamo ricordare che il riordino del sistema previdenziale costituisce –ovviamene- uno dei punti del documento formulato dal Presidente del Consiglio Romano Prodi dopo la crisi di Governo, nel quale si afferma l’esigenza di privilegiare le pensioni basse e giovani, obiettivo dunque condivisibile, ma con grande attenzione alle compatibilità finanziarie, altro obiettivo condivisibile, ma a seconda della strada per perseguirlo. Lo stesso documento si propone di reperire le risorse necessarie attraverso una razionalizzazione della spesa, indicando una delle soluzioni nell’unificazione degli enti previdenziali.

 

Come è noto il documento unitario dei sindacati ripropone un percorso, coerente con la riforma in atto, che parte dall’obiettivo sempre meno enunciato dal Governo della separatezza tra spesa previdenziale ed assistenziale. Si tratterebbe di un primo, rande elemento di chiarezza sulla spesa previdenziale, che ancora viene sostanzialmente eluso nelle discussioni di questi giorni.

In secondo luogo viene riproposto l’obiettivo del completamento del processo di armonizzazione delle regole, sia sul versante contributivo, che del rapporto tra lavoro dipendente e lavoro autonomo.

 

Per quanto riguarda le specificità del nostro settore valgono le considerazioni svolte nel Direttivo di Verona, che abbiamo rappresentato alla Confederazione, che le ha condivise e che saranno portate al tavolo di concertazione. Il documento unitario ne ripropone un aspetto importante, relativo alla profonda riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo della ridefinizione della normativa per la copertura figurativa per i periodi di congedo parentale e per il lavoro di cura, ma che devono essere estesi agli stessi strumenti per la copertura dei periodi di discontinuità del lavoro in edilizia.

 

Altre questioni che abbiamo posto nella piattaforma unitaria e che vengono incontro alle problematiche del settore riguardano l’estensione ai lavoratori parasubordinati l’insieme dei diritti sociali (malattia, maternità, infortuni, indennità di disoccupazione e sostegno al reddito), in gran parte lavoratrici del settore restauro; in secondo luogo, la revisione ed il compimento della normativa relativa ai lavori usuranti; inoltre, la ridefinizione della normativa sui diritti sociali dei lavoratori migranti, prevedendo anche nei loro confronti l’estensione degli stessi diritti di cui godono i lavoratori italiani, da molti dei quali sono attualmente esclusi.

 

In questo quadro viene ribadita la nostra contrarietà alla revisione dei coefficienti di trasformazione perché si configurerebbe come socialmente insostenibile per le giovani generazioni.

 

Come vedete, si ripropone da parte nostra un modo di affrontare le grandi riforme di cui il Paese ha bisogno, partendo dall’obiettivo di estendere diritti e non di comprimerli, il che non significa non assumere i vincoli delle compatibilità finanziarie, ma affrontarli con politiche fiscali socialmente eque e finalizzate.

 

E’ il caso delle questioni che attengono la revisione della normativa sul mercato del lavoro, delle quali il memorandum dei dodici punti non fa menzione. Sappiamo quanto questa rappresenti uno dei punti più controversi per la tenuta della maggioranza, quanto gli stessi obiettivi contenuti nel programma dell’Unione facciano fatica a trovare la strada di una loro realizzazione.

Tuttavia, abbiamo condiviso un modo di agire che agli annunci eclatanti ed inconcludenti preferisse azioni concrete. In materia di lotta al lavoro nero ed irregolare il lavoro fatto dal Governo, soprattutto in un settore come il nostro non può che essere apprezzato. Si tratta adesso di procedere consolidando il terreno della regolarità e di conseguire gradualmente l’obiettivo dichiarato di assumere il tempo indeterminato quale modalità lavorativa principale, sfoltendo la giungla costituita dalle innumerevoli tipologie di rapporti di lavoro, che poco hanno a che fare con la flessibilità necessaria alle imprese ed altro non sono che una modalità di riduzione del costo del lavoro.

Il lavoro flessibile –ha dichiarato più di una volta il Ministro Damiano, proprio per il fatto di rappresentare una eccezione ed una convenienza per le imprese- deve costare di più di quello a tempo indeterminato e così è giusto che sia.

 

Lungo questo solco si è collocata l’iniziativa per la regolarizzazione del precariato nei Call center, ma è una iniziativa il cui clamore va colto come simbolico, dato che deve estendersi a tutti gli altri settori, in particolar modo per conseguire entro il 30 aprile, data fissata dal Governo, l’obbiettivo più ampio possibile in ordine alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro. Voi sapete che l’iniziativa promossa dal Governo per le stabilizzazioni dei rapporti di lavoro precari prevede oltre agli incentivi per le imprese anche un periodo di moratoria ispettiva, che terminerà tuttavia con il 30 aprile, poiché lo stesso Ministro ha dichiarato che a partire da quella data la task Force ministeriale riprenderà a pieno ritmo il suo lavoro, che già ha portato a denunciare molte situazioni. Per quanto ci riguarda, essa ha operato in massima parte nel comparto del restauro, evidenziando situazioni che già erano a noi note, situazioni di ricorso esasperato a forme di precariato contrarie alle leggi e contratti esistenti, ma che hanno evidenziato gli stessi limiti delle norme esistenti. Ed è la ragione che ha mosso in questi mesi la vertenza del comparto, ancora aperta nel confronto col Ministero dei Beni Culturali, di cui parleremo più avanti.

 

La lotta alla precarietà resta uno dei punti centrali nel confronto col Governo, che va attuata nei settori pubblici e privati attraverso la definizione di un piano di legislatura per la stabilità e la buona occupazione.

In questo quadro, la posizione unitaria dei sindacati ribadisce la necessità di intervenire sui processi di terziarizzazione in coerenza con quanto si va definendo sui tavoli aperti sugli appalti di opere pubbliche, tema sul quale, tra l’altro, si ribadisce la necessità di approntare rapidamente il codice unico di tutti gli appalti.

 

A questo proposito, vorremmo far presente l’importanza della estensione degli strumenti per la regolarità delle imprese (Durc) a tutti i settori. Ma occorre richiamare il Governo alla necessità di evitare che la generalizzazione si traduca in un arretramento della situazione relativa al settore dell’edilizia, la cui esperienza è per ovvie ragioni più avanzata degli altri settori. In particolare, per quanto riguarda il ruolo delle Casse edili nel rilascio del Durc, che non può essere annacquato in una norma generale e generica, che rischia di far rientrare dalla finestra il pericolo delle casse edili anomale, che per noi avrebbero un effetto di destabilizzazione del sistema della bilateralità.

 

I tavoli di concertazione avviati col Governo non esauriscono naturalmente l’insieme delle problematiche sulle quali rivendichiamo un salto di qualità nelle politiche sociali. Per noi  ve n’è uno, di questi problemi, che assume una rilevanza significativa e riguarda la revisione della legge sull’immigrazione.

Come sapete, il Governo ha recentemente  presentato il disegno di legge-delega, che dovrebbe modificare il quadro definito dalla Bossi-Fini. Le nostre prime valutazioni sono sostanzialmente positive, anche se resta qualche aspetto sul quale dovremo meglio chiarire la posizione del Governo.

Innanzitutto, abbiamo apprezzato la scelta tecnica del disegno di legge delega, dato che le difficoltà con cui si procede in sede parlamentare fanno si che tale strumento renda più agevole il percorso.

 

Il primo aspetto che apprezziamo riguarda la “filosofia” della proposta. Se quella della Bossi-Fini era ispirata ad una logica “proibizionista”, la scelta, cioè, di costruire barriere e frapporre ostacoli al fenomeno migratorio, oggi si prende atto del fatto che ciò rappresenta un fenomeno ineludibile della nostra società, che si tratta di una risorsa da valorizzare nel nostro mercato del lavoro e pertanto da governarne i flussi.

La legge si propone di allargare i percorsi legali di ingresso, con una gamma variegata di strumenti, dalla formazione nei paesi di origine, alle liste di prenotazione all’estero, all’ingresso per la ricerca del lavoro. Il permesso per la ricerca di occupazione è il vero elemento di radicale novità rispetto alla Bossi-Fini, assieme al fatto che l’immigrato potrà essere sponsor di se stesso, senza essere obbligato, per intendersi, a rivolgersi ad un tutore. Per quanto si tratti di una norma da capire meglio, ma è indubbio il fatto che ciò potrò contribuire a sottrarre l’immigrato da condizioni di ricatto e di assoggettamento

Un passo avanti importantissimo è il riconoscimento del diritto di voto amministrativo (anche se rappresenta per noi un limite il fatto di non averlo riconosciuto anche per il Parlamento Europeo).

Anche il passaggio di competenze agli enti locali è aspetto importante della proposta, anche se chiediamo maggiore concretezza e percorso più certo e ravvicinato. Occorre su questo essere più coraggiosi.

 

Ma nel complesso, è una buona proposta, frutto anche di un positivo rapporto concertativi con le parti sociali. Occorre, dunque, rendere certi i tempi di approvazione della legge, anche per uscire dalla situazione di emergenza nella quale siamo, per effetto della vecchia normativa lasciata in eredità dal precedente Governo.

 

L’altro, grosso tema sul quale il Governo è chiamato ad una maggiore coerenza e concretezza con quando dichiarato è quello del Mezzogiorno.

Indubbiamente, questo è un Governo che si è caratterizzato, rispetto a quello precedente, con un maggiore impegno sui temi del Sud. Occorre tuttavia che tale impegno, del quale già la Finanziaria 2007 contiene tracce evidenti, assuma i connotati di una vera e propria strategia di sviluppo del Mezzogiorno.

Nel luglio dello scorso anno è stato siglato un importante documento congiunto tra i sindacati confederali, i Presidenti delle regioni del Sud e la Confindustria, che definisce le direttrici prioritarie per lo sviluppo del Mezzogiorno: una fiscalità di vantaggio, un nuovo sistema di trasporti e di infrastrutture, nuovi sistemi urbani e la società della conoscenza quali motori dello sviluppo.

 

Esiste una posizione secondo la quale un Governo debole non potrebbe affrontare sfide impegnative come questa e quelle precedentemente illustrate. A nostro avviso è proprio il profilo fortemente innovativo, quello che salda l’emergenza con lo sviluppo che può restituire forza ed autorevolezza ad un esecutivo che non avrebbe molte possibilità di sopravvivere se continuamente soffocato dalle logiche di piccolo cabotaggio, dai mille interessi particolari, che sembrano più rispondere all’autoreferenzialità delle forze politiche che sorreggono la maggioranza che agli interessi generali del Paese.

 

Questo vale per le questioni del Mezzogiorno e vale per quelle più generali legate allo sviluppo.

Oggi, la nostra categoria è ancor più convinta di poter rappresentare un punto di riferimento importante per conseguire questi obiettivi. Infatti, in questi anni abbiamo lavorato per capovolgere l’idea del settore delle costruzioni nel Sud.

Nel Sud e non solo l’idea del costruire ha quasi sempre evocato le più gravi contraddizioni dello sviluppo. Si è pensato che costruire è speculazione edilizia, sacco delle città, subappalto esasperato, illegalità, mafia, criminalità.

 

Abbiamo invece puntato ad affermare una nuova idea del costruire attraverso una nuova idea di mercato delle costruzioni e di qualità del lavoro nelle costruzioni. Il tema delle città, del loro recupero, del recupero delle periferie è una delle frontiere più avanzate di questo impegno.

Ma il tema della qualità dell’abitare non è solo argomento sociologico, bensì si connette ai temi ed alle politiche dell’innovazione dello steso modo di produrre, dello stesso modo di fare edilizia.

Vi è in questo una risposta che può essere tra le più avanzate alla grande sfida che ci viene dalla crisi ambientale: la rigenerazione urbana del Mezzogiorno può essere un vero laboratorio della nuova edilizia, dove dall’uso dei materiali da costruzione all’uso dell’energia possiamo dare vita ad una sperimentazione che faccia della sostenibilità ambientale una delle leve sulle quali agire per la coesione sociale. Ed in questo rendere positiva la nozione di partecipazione, oggi vissuta come paradigma del non costruire, del vincolo, ma che potrebbe essere condizione prioritaria per il nuovo modo di costruire.

 

Quelli di cui parliamo sono settori che possono dare una risposta significativa all’occupazione, sia in termini quantitativi che qualitativi. Su questo la nostra opinione è convinta: non stiamo parlando di una economia debole. Non è la grandezza materiale del manufatto che definisce la forza strutturale dell’economia del lavoro (vedi il Ponte sullo Stretto, che se si fosse realizzato, sarebbe stato realizzato da un cantiere di immenso subappalto).

Ed è un’economia che può contribuire alla stessa innovazione dell’impresa, dove veramente la flessibilità, impropriamente interpretata con il subappalto esasperato, diventa la condizione, quando necessaria, per una forte specializzazione dell’impresa stessa.

Valorizzare ed innovare il mercato dell’edilizia crea condizioni migliori per valorizzare e qualificare il lavoro edile. Ma su questo punto occorre essere chiari: non c’è riqualificazione urbana con il massimo ribasso! Non c’è modernità in una Città o in una periferia recuperata con un lavoro che paga il prezzo che ha ancora pagato nel 2006, in termini di vite umane e di condizioni di lavoro incivili.

 

Sono i temi che affronteremo nella Seconda Conferenza nazione sul Mezzogiorno che terremo a settembre e che rappresenterà il contributo ulteriore della Fillea all’iniziativa di tutto il sindacato sullo sviluppo del Sud. Nei prossimi giorni la Segreteria Nazionale vi fornirà gli obiettivi e la tabella di marcia di questo importante appuntamento.

 

 

Dei vari interventi che il Governo ha realizzato in questi giorni quello sulle liberalizzazioni ha alcuni effetti sulle vicende del nostro settore. Il decreto Bersani ha ottenuto la fiducia al Senato alcuni giorni or sono. La prima questione che avevamo già segnalato era quella relativa alla semplificazione delle procedure per la costituzione di impresa e l’esigenza che tale procedura non entrasse in contraddizione con il lavoro fatto dal Ministro del Lavoro sul tema della regolarità. Già la vicenda del Durc segnala quanto corpose siano le difficoltà ed gli ostacoli che si frappongono ad una lineare applicazione degli strumenti per la regolarità. Clamorosa è la vicenda che riguarda il Durc nel settore agro-alimentare, dove addirittura per iniziativa di alcuni senatori del centro-sinistra alcuni emendamenti presentati rischiano di tagliare fuori quasi tutto il settore.

Si tratta –dunque- di oprare le necessarie verifiche di coerenza tra i diversi provvedimenti adottati dal Governo.

 

La seconda questione che quel decreto pone in essere è quella relativa alla revoca degli appalti ai General Contractor per la Tav nelle tratte Milano-Genova, Milano- Verona, Verona-Padova. Abbiamo spiegato in questi giorni, ma lo hanno spiegato meglio i lavoratori che hanno scioperato nel corso degli ultimi giorni, le conseguenze per l’occupazione ed i rischi per l’apertura delle procedure di riduzione del personale nelle imprese colpite dal provvedimento. Come è del tutto evidente, se l’obiettivo del Governo è quello della trasparenza degli appalti ed il superamento della pratica esasperata agli affidamenti diretti noi non potremo che essere d’accordo. Noi abbiamo posto e ribadiamo due esigenze: la prima, l’impossibilità di cancellare con un colpo di spugna la situazione in essere, per le inevitabili conseguenze sull’occupazione; la seconda, la certezza di risorse per il completamento delle opere. Le rassicurazioni date dal Ministro Di Pietro sono per noi generiche e abbiamo fondati motivi per ritenere che tale genericismo ha radici sia nella incertezza delle risorse disponibili da destinare al settore infrastrutturale, sia nell’assenza di una posizione condivisa all’interno del Governo sul capitolo delle infrastrutture.

 

Per noi resta la posizione che fin dall’insediamento del Governo abbiamo espresso, l’obiettivo, cioè, di conseguire il completamento delle opere avviate e quella relativa alla Tav rappresenta una delle opere per le quali non è in discussione il SE, ma il COME.

Secondo la nostra opinione esistono soluzioni tecnologiche in grado di risolvere i problemi di impatto ambientale e la partecipazione alle scelte deve essere lo strumento per costruire una sintesi tra tecnica e politica.

 

L’ultima riunione della Direzione nazionale ha avviato la discussione sulla prossima stagione contrattuale. Non è questa la sede per riprendere quella discussione nei dettagli.. Il Direttivo vi tornerà sulla base di una ipotesi di lavoro che sarà messa a punto dai vari dipartimenti contrattuali. Si tratta  in questa sede di ricordare che il tema della contrattazione è altro tema delicato che sarà presente al tavolo di confronto col Governo e le altre parti sociali, il cui andamento potrà condizionare la nostra stessa vicenda contrattuale. Tornerà nuovamente a riproporsi nuovamente il tema dei livelli contrattuali, sui quali da tempo abbiamo come categoria definito una posizione unitaria che verte sulla centralità del Ccnl, soprattutto nel settore dell’edilizia, con la contrattazione di secondo livello che, rispetto all’esperienza manifatturiera (livello aziendale) introduce in edilizia la contrattazione provinciale.

 

Ci troveremo, nel prossimo confronto con Governo e parti sociali sul tema della produttività e della contrattazione, una proposta del Centro-destra, che riguarderà la detassazione di tutto il salario di II livello. Noi sappiamo che essa rappresenta una richiesta da molto tempo avanzata dalle associazioni dei costruttori, ma il caso del nostro settore dimostra che sarebbe un errore contrapporre i due livelli, dato che l’indebolimento del Ccnl rappresenterebbe per i lavoratori del nostro settore un rischio concreto di abbassamento del livello delle tutele.

 

Per quanto riguarda il percorso deciso alla Direzione, noi avvieremo la discussione sulle prossime piattaforme innanzitutto nei dipartimenti contrattuali nazionali, per poi prevedere alcuni seminari di approfondimento che coinvolgano il nostro quadro dirigente.

Dovremo partire da un bilancio di quanto realizzato recentemente con la contrattazione di II livello, dato che in alcuni settori in particolare, penso agli impianti fissi, al legno, avevamo individuato tale scadenza come l’occasione per aumentare la nostra capacità di intervento sui problemi connessi all’organizzazione del lavoro.

 

E’ fuori dubbio che, oltre le questioni salariali, che dovranno intervenire sui problemi in ordine al potere d’acquisto dei salari, i temi legati alla qualità dovranno restare al centro della nostra iniziativa. L’impressione è che nonostante il gran d’affare che ci siamo dati in questi anni, nonostante importanti risultati acquisiti sul fronte della regolarità ed anche della sicurezza, la qualità complessiva del sistema, la qualità delle imprese e dunque del lavoro non abbia compiuto grandi passi in avanti.

 

Ad esempio, in edilizia dovremo affrontare la crescita degli addensamenti al primo livello, che riguardano soprattutto i lavoratori stranieri, indici di un abbassamento dell’investimento qualitativo sulla principale risorsa dell’impresa, il capitale umano.

Negli impianti fissi, inoltre, dovremo verificare quanto realmente siamo riusciti ad intervenire sui processi organizzativi, il governo degli orari, delle flessibilità, l’uso dei contratti a termine.

 

Altro tema delicato sarà quello della bilateralità. Arriveremo a questo appuntamento con un fatto nuovo che modifica il delicato equilibrio che avevamo trovato unitariamente in materia di gestione del mercato del lavoro, la decisione della Filca Cisl di costituire una associazione per l’intermediazione della manodopera.

Abbiamo già fatto presente, assieme alla Feneal, che questa scelta rischia di destabilizzare i rapporti unitari e che la via per ritrovare una sintesi è quella di una ulteriore qualificazione degli enti paritetici nella funzione di soggetto che contribuisce all’incontro domanda-offerta di lavoro.

 

Ma sono temi sui quali torneremo prossimamente, sulla base di una ipotesi di lavoro che vi verrà sottoposta.

 

Per queste ragioni dobbiamo intensificare il rapporto con i lavoratori e recuperare i ritardi nella campagna di assemblee, che non vede ancora pienamente impegnata tutta la nostra organizzazione.

Al tempo stesso dobbiamo proseguire nello sviluppo delle nostre iniziative, a partire da quelle che collocano i nostri settori e la nostra realtà dentro le vicende di cui abbiamo parlato.

 

Ricordo alcune di queste che già abbiamo svolto, come quella di Genova sulla Tav, alla quale è seguita poi la mobilitazione dei lavoratori.

Ancora a Genova l’Attivo Nazionale contro il terrorismo.

L’importante iniziativa sulla interculturalità, che ci ha consentito di spingere ancora più avanti la nostra sfida sul sindacato multietnico.

Ho già citato la II Conferenza Nazionale sul Mezzogiorno, che caratterizzerà la ripresa dell’attività dopo la pausa estiva.

A metà maggio avremo un’altra importante iniziativa a sostegno della nostra battaglia contro il precariato nel settore Beni Culturali, con la presenza del Ministro Damiano (e forse anche del Min.Rutelli), dopo l’importante mobilitazione di novembre scorso.

Avremo anche, a cavallo tra maggio e giugno, la IV Conferenza Immigrati ed in mezzo a tutto questo il lavoro per prepararci alle prossime scadenze contrattuali e che troverà importanti contributi da iniziative che rilanciano l’attenzione verso le nostre politiche settoriali e per non parlare sempre dell’edilizia vorrei ricordare le iniziative svolte anche di recente, come quella sul distretto della sedia in Friuli, o quella già programmata sul settore lapideo a Carrara o quella sulla cantieristica alla quale stiamo lavorando.

 

Così come credo utile segnalare lo sforzo fatto da molte nostre strutture, teso ad aggiornare l’elaborazione e le proposte sui temo dello sviluppo locale e territoriale, assumendo la sostenibilità quale obiettivo che deve pienamente essere assunto da un sindacato quale quello che vogliamo essere.

 

Ho ritenuto importante, ad esempio, l’iniziativa della Fillea Puglia, la scorsa settimana, che a valle della giornata mondiale sull’acqua ha impegnato la nostra categoria in uno sforzo di proposta su un tema che va assunto sia per la sensibilità ecologica che noi dobbiamo avere di fronte alle problematiche del pianeta, sia per consolidare con questa sensibilità la vocazione che abbiamo scelto di seguire sul nuovo mercato della sostenibilità, che assume la forte valenza sociale anche sul tema della grande infrastrutturazione, come lo sono le infrastrutture idriche.

 

Sicuramente siamo ad un passaggio delicato della vita nazionale. Gli ostacoli al cambiamento rischiano di aumentare invece di diminuire. Già ne abbiamo parlato a Genova all’attivo contro il terrorismo. Anche l’attacco alla natura laica dello Stato è un attacco alla democrazia ed io ho trovato particolarmente grave l’ingerenza dei Vescovi nelle vicende politiche del Paese.

Ma noi, che ci proponiamo di interpretare la multiculturalità come la vera leva del cambiamento, perché parte dal cambiare noi stessi, dobbiamo spenderci fino in fondo per offrire nuovi strumenti politici e culturali per leggere le diversità, per fare delle diversità una vera risorsa per il cambiamento. Lo abbiamo detto tante volte, da un po’ di tempo abbiamo cominciato a praticarlo. Dobbiamo continuare con convinzione.

 

 

 

 

 

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