FRANCO MARTINI
Circa un anno fa, nel corso di una iniziativa nazionale dal titolo “Il Cantiere Qualità”, la Fillea Cgil, definì i tratti e gli obiettivi di una nuova fase della propria azione sindacale. Era forte in quella circostanza la consapevolezza che il futuro del settore dovesse segnare significativi elementi di discontinuità con il passato più recente e con un presente in bilico tra nuove opportunità e vecchie contraddizioni.
Alle spalle vi erano il ricordo ed ancora le tracce consistenti della traumatica vicenda di Tangentopoli, che aveva segnato profondamente il mercato e la struttura delle imprese, ma anche gli effetti positivi di una ripresa pressoché generalizzata del settore, che da 5-6 anni registrava livelli positivi nella crescita degli investimenti e dell’occupazione tali da far parlare di un terzo ciclo eccezionale dopo quello della ricostruzione post bellica e del boom economico degli anni 60.
Eppure il rischio era quello di sprecare l’occasione per dare basi più solide e qualificate ad un settore che potrebbe concorrere alla formazione della ricchezza nazionale in termini più stabili e strutturati di quanto non lo fosse stato negli anni precedenti.
La scommessa del Cantiere Qualità si è subito configurata come una scommessa difficilissima, quasi una velleità a fronte di un settore spesso considerato una sorta di terzo mondo del lavoro. Parlare del settore delle costruzioni in Italia ed in particolar modo dell’edilizia, nell’immaginario collettivo (ma neanche tanto immaginario) significa parlare di morti sul lavoro, di infortuni gravi, di lavoro irregolare e clandestino, di caporalato, di condizioni di lavoro quasi ottocentesche, anche nel ricatto che vige in tanta parte del rapporto di lavoro subordinato.
La scommessa del Cantiere Qualità non è dunque una battaglia eminentemente sindacale. Gli ostacoli che vanno combattuti sono innanzitutto quelli di una cultura dell’impresa e del lavoro che nega in radice l’ipotesi che questo settore possa occupare i segmenti alti della qualità e dell’innovazione. Se per tradizione esso viene considerato un pilastro dell’Old Economy è però un errore credere che la competizione qui possa svilupparsi al di fuori di un consistente processo di innovazione che investa il mercato, l’organizzazione dell’impresa e il lavoro.
Qui sta probabilmente uno dei limiti e allo stesso tempo un ostacolo da rimuovere, quella sorta di autoreferenzialità, che porta tanta parte degli operatori del settore a ritenersi autosufficienti nella ricerca di strategie e nella individuazione di soluzioni ai problemi che la sfida innovativa impone. Pesa in questo atteggiamento la caratteristica prevalente di una imprenditorialità di piccole e piccolissime dimensioni, spesso di tipo familiare.
La Fillea Cgil è consapevole,
invece, che per vincere questa sfida è importante anche un’alleanza
con i centri di produzione del pensiero e della ricerca tecnologica e scientifica, sia per individuare le possibili linee evolutive che il processo di innovazione può assumere nella sfera tradizionale del settore, sia per cogliere il nuovo che avanza e che può offrirsi come terreno di nuove e più avanzate opportunità di sviluppo innovativo. Basti pensare alla nuova linea di orizzonte rappresentata dalla bioarchitettura e più in generale dalle nuove frontiere dello sviluppo sostenibile. Ma al tempo stesso vi sono vecchie sfide che attendono di essere coniugate nei nuovi contesti sociali ed economici: penso alla riorganizzazione delle città e di intere aree urbane oppure alla valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico e monumentale.
Occorre per questo che il sindacato elabori un proprio punto di vista che possa a sua volta alimentare iniziativa contrattuale e sindacale più generale. Ma non bastano a questo fine le buone intuizioni o le buone intenzioni, non basta il fai da te.
La convenzione tra la Fillea Cgil e la Facoltà di Architettura Valle Giulia, nasce proprio per creare un ponte tra i bisogni e le esigenze sindacali e le risorse culturali e tecnico scientifiche che l’Università può mettere a disposizione. L’esperienza e le competenze di cui dispone la Facoltà di Valle Giulia consentono di assegnare a questo rapporto compiti e obiettivi ambiziosi, ma assolutamente necessari per l’azione sindacale settoriale.
Il rapporto periodico sull’andamento del settore delle costruzioni offrirà la possibilità di una lettura ragionata e sindacalmente autonoma delle tendenze in atto. Così come il contributo della Facoltà alla formazione dei quadri sindacali e di quadri tecnici innalzerà il contenuto ed il livello delle conoscenze, a partire dalla piena comprensione degli effetti spesso negativi che verranno prodotti dalla profondi modifiche normative recentemente approvate ed in cantiere.
Ma quello che ancor più sarà importante è il fattore – sistema che potrà crearsi tra il mondo sindacale e quello universitario, nell’ambito di una sinergia dove lo stesso sistema universitario potrà ricevere dalla esperienza sindacale e dalla concreta realtà del suo operare contributi utilissimi per la funzione chiamata a svolgere. In questo quadro credo che la formazione dei futuri quadri tecnici, dei dirigenti, dei manager, dei professionisti del settore rappresenti per il sindacato un aspetto importante ed un riferimento utile per condurre all’interno delle imprese e nel processo produttivo più generale la battaglia per l’innovazione e la qualità.
Anche per questo l’Università, come del resto l’intero sistema di istruzione e formazione, deve essere considerato dal sindacato soggetto fondamentale della scommessa lanciata sul futuro del settore. Un pezzo di questa scommessa sta indubbiamente nella convenzione con la Facoltà di Architettura di Valle Giulia.
Roma 17 luglio 2002